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In questo brano da Oggi forse non ammazzo nessuno: Storie minime di una giovane musulmana stranamente non terrorista (Fabri Editori, 2007) scritto da Randa Ghazy, la protagonista, Jasmine, sta in giardino a casa sua quando arriva il ragazzo per cui ha la cotta.
[Thomas] «So che può sembrare assurdo, ma vedi, alla fine tu hai scoperto il mio nome, io invece no. Non me l’hai voluto dire.»[Jasmine] «Ahem…»«Sono venuto solo perché tu mi dica come ti chiami. Anche perché devo tornare al lavoro, il capo non si è neanche accorto che sono uscito.»«Mi chiamo Jasmine.»«Uau.»«…»«Io Thomas.»«Lo so.»«Be’ … allora …»«… ehm…»«Allora ciao.»«… ‘ao.»Da non credere, ma non sono neanche riuscita a dire “ci”. Volevo dire ciao, ma non riuscivo. E così mi è uscito uno stupido “ao”. Che significa più o meno nulla.Ma lui forse non ci ha fatto neanche caso perché si è voltato ed è corso via.Ho ripensato alla scena di Vi presento Joe Black in cui Brad Pitt saluta una donna, si volta per attraversare la strada e una macchina lo prende in pieno. Fa un volo così assurdo da risultare comico.Lo guardo, come in attesa di una cosa del genere.Ma non succede niente. Lui ha lasciato passare un paio di macchine, poi ha attraversato [la strada] ed è sparito nel negozio. Nel giro di due nanosecondi mia madre è uscita in giardino e come una mitragliatrice precisa e meticolosa mi ha bombardata.«Chi era? Cosa voleva? Che ti ha detto? Che razza di maglietta hai su?»(quella di Topo Gigio, per la cronaca)Ho pensato a quale domanda rispondere per prima.«Quando ero piccola me la mettevi sempre.»Alla più facile, naturalmente. (116-117)
[Thomas] «So che può sembrare assurdo, ma vedi, alla fine tu hai scoperto il mio nome, io invece no. Non me l’hai voluto dire.»
[Jasmine] «Ahem…»
«Sono venuto solo perché tu mi dica come ti chiami. Anche perché devo tornare al lavoro, il capo non si è neanche accorto che sono uscito.»
«Mi chiamo Jasmine.»
«Uau.»
«…»
«Io Thomas.»
«Lo so.»
«Be’ … allora …»
«… ehm…»
«Allora ciao.»
«… ‘ao.»
Da non credere, ma non sono neanche riuscita a dire “ci”. Volevo dire ciao, ma non riuscivo. E così mi è uscito uno stupido “ao”. Che significa più o meno nulla.
Ma lui forse non ci ha fatto neanche caso perché si è voltato ed è corso via.
Ho ripensato alla scena di Vi presento Joe Black in cui Brad Pitt saluta una donna, si volta per attraversare la strada e una macchina lo prende in pieno. Fa un volo così assurdo da risultare comico.
Lo guardo, come in attesa di una cosa del genere.
Ma non succede niente. Lui ha lasciato passare un paio di macchine, poi ha attraversato [la strada] ed è sparito nel negozio. Nel giro di due nanosecondi mia madre è uscita in giardino e come una mitragliatrice precisa e meticolosa mi ha bombardata.
«Chi era? Cosa voleva? Che ti ha detto? Che razza di maglietta hai su?»
(quella di Topo Gigio, per la cronaca)
Ho pensato a quale domanda rispondere per prima.
«Quando ero piccola me la mettevi sempre.»
Alla più facile, naturalmente. (116-117)
In un’altra parte del libro, la protagonista, Jasmine, convince la sua amica, Amira, a cambiare la figurina degli sposi—fatta di zucchero—sopra la torta nuziale perché lo sposo è più grande della sposa.
Alla fine, l’ho convinta a chiedere un altro sposo. Hanno detto che erano attaccati, bisognava cambiare anche la sposa. …Allora sono rimasta in silenzio quando hanno portato le altre coppie. Anche se ce n’erano di orribili.Amira ne ha scelta un’altra, sempre un po’ maschilista. La sposa era commestibile, lo sposo no.Vai a capire.Però almeno erano proporzionati. E così Amira li ha scelti.E ora questa troneggia al centro della sala. Rimangono solo gli ultimi due piani. Gli altri tre li hanno già fatti fuori. Io ho chiesto una fetta del primo piano. Volevo proprio quello dove lo sposo e la sposa poggiavano i piedi. Poi ho chiesto ad Amira di regalarmi lo sposo.L’ha trovata una richiesta molto strana, mi ha detto che li voleva conservare lei, e io le ho detto che sarebbe stato poco saggio, perché la sposa si sarebbe liquefatta.Mi ha guardato male, pensando a una battutaccia sottesa.Per una volta che non ci avevo messo nessuna ironia. (33-35)
Alla fine, l’ho convinta a chiedere un altro sposo. Hanno detto che erano attaccati, bisognava cambiare anche la sposa. …
Allora sono rimasta in silenzio quando hanno portato le altre coppie. Anche se ce n’erano di orribili.
Amira ne ha scelta un’altra, sempre un po’ maschilista. La sposa era commestibile, lo sposo no.
Vai a capire.
Però almeno erano proporzionati. E così Amira li ha scelti.
E ora questa troneggia al centro della sala. Rimangono solo gli ultimi due piani. Gli altri tre li hanno già fatti fuori. Io ho chiesto una fetta del primo piano. Volevo proprio quello dove lo sposo e la sposa poggiavano i piedi. Poi ho chiesto ad Amira di regalarmi lo sposo.
L’ha trovata una richiesta molto strana, mi ha detto che li voleva conservare lei, e io le ho detto che sarebbe stato poco saggio, perché la sposa si sarebbe liquefatta.
Mi ha guardato male, pensando a una battutaccia sottesa.
Per una volta che non ci avevo messo nessuna ironia. (33-35)
Rispondere alle domande:
Identificate (ed elencate) 5 verbi che usano l'ausiliare “avere” e 5 verbi che usano “essere” nei due brani di sopra. Qual è il tempo verbale dell’ausiliare? Che cosa hanno in comune i verbi che usano “avere” e quelli che adoperano “essere”?
Nel primo brano, qual è la differenza tra i verbi “sono uscito” ed “è uscita”? Perché il participio passato “uscito” diventa “uscita”?
Nel secondo brano, notate le 5 espressioni “l’ho convinta”, “ne ha scelta”, “li ha scelti”, “li hanno già fatti” e “l’ha trovata”. Spiegate a che cosa si riferisce l’ultima lettera di questi 5 participi passati.
Confrontate i verbi “L’ha trovata” e “le ho detto” verso la fine del secondo brano. Perché il participio passato “trovata” è femminile ma “detto” no?
Il passato prossimo è il tempo più comunemente usato per descrivere azioni compiute nel passato. È un tempo composto, il che significa che è fatto di due verbi: il tempo presente di un verbo ausiliare (avere o essere), seguito da un participio passato.
Sono andato in Italia l'anno scorso.
Il ladro ha rubato una bicicletta.
Nella maggior parte dei casi, il verbo ausiliare è “avere,” ma alcuni verbi richiedono “essere” come ausiliare.
Il passato prossimo esprime generalmente un’azione già completa o già portata a termine, a differenza dell'imperfetto che spesso esprime azioni in corso o ripetute nel passato (vedete L'imperfetto). Il passato prossimo, quindi, viene utilizzato per parlare di una situazione nel passato con un inizio e una fine precisi.
Si usa il passato prossimo per parlare di:
un'azione compiuta in un certo momento nel passato: È arrivato in Francia questa mattina.
una serie di azioni successive nel passato: Siamo andati al supermercato, abbiamo comprato le banane, e siamo tornati a casa per farci un frullato.
una situazione passata con una durata definita: Ho fatto l'insegnante per 35 anni.
un’azione successa nel mezzo di un’altra azione già in corso: Mentre suonavo la chitarra, qualcuno ha suonato il campanello.
NB: nell’ultimo caso sopra, questa struttura viene usata solo nei casi in cui un’azione interrompe un’altra in corso. Se invece i due eventi succedono contemporaneamente e in un periodo non preciso, si dovrebbe usare l’imperfetto per tutti e due:
Mentre suonavo la chitarra, mia sorella suonava il pianoforte. (= Io suonavo la chitarra e mia sorella suonava il pianoforte allo stesso momento.)
Per saperne di più su quest’argomento, riferite al capitolo L’imperfetto.
Per i verbi regolari con un infinito che termina in -are, il participio passato si forma sostituendo la -are finale dell'infinito con -ato (e.g. parlare = parlato, giocare = giocato).
Il participio passato dei verbi regolari con un infinito che termina in -ire si forma sostituendo la -ire finale dell'infinito con -ito (e.g. capire = capito, sentire = sentito).
Il participio passato dei verbi regolari con un infinito che termina in -ere si forma solitamente sostituendo la -ere finale dell'infinito con -uto (e.g. credere = creduto, vedere = veduto). Si noti, però, che la maggiore parte dei verbi -ere (e solo pochi verbi -ire e -are) hanno un participio passato irregolare. Di seguito sono elencati i participi passati di alcuni verbi irregolari comuni.
Un suggerimento per i verbi -ere: cercate di imparare gruppi di verbi che hanno come base lo stesso verbo.
Ecco alcuni gruppi di questo genere:
prendere, comprendere, riprendere, imprendere, ecc.
-preso (preso, compreso, ecc.)
tendere, attendere, contendere, distendere, fraintendere, ecc.
-teso (teso, atteso, ecc.)
mettere, promettere, trasmettere, commettere, compromettere, ecc.
-messo (messo, promesso, ecc.)
Inoltre, come forse si ha capito dalla tabella precedente, la maggior parte dei verbi che finiscono in -endere avranno il participio passato che finisce in -eso:
accendere
acceso
scendere
sceso
appendere
appeso
rendere
reso
offendere
offeso
Come si sa, esistono tre altri tipi di verbi, rappresentati da porre, trarre, e tradurre. Nonostante siano particolari e, in certi sensi, irregolari perché non seguono lo schema normale dei verbi, le forme dei participi passati sono consistenti.
La scelta dell'ausiliare dipende dal verbo. La maggior parte dei verbi prende AVERE come ausiliare, ma tutti i verbi riflessivi e molti verbi intransitivi (cioè i verbi che non reggono un complemento diretto) prendono ESSERE. Come spesso accade, ci sono sempre eccezioni a queste “regole”. Può essere utile, quindi, memorizzare i verbi più frequenti che prendono ESSERE come ausiliare.
Ecco i verbi più comuni che richiedono ESSERE al passato prossimo:
andare/venire, arrivare/partire, (ri)entrare/uscire, salire/cadere, nascere/morire, diventare, (ri)tornare, stare, essere
Si ricordi che i verbi riflessivi usano sempre essere al passato prossimo (e negli altri tempi composti).
Alcuni verbi possono usare o AVERE o ESSERE, dipendente dal contesto e, spesso, la presenza (o no) di un oggetto diretto (Vedete I pronomi diretti e indiretti e la particella "ne"):
Sono cresciuto a Boston. (intransitivo)
Ho cresciuto la barba. (transitivo)
Marco è sceso dall’autobus. (intransitivo)
Marco ha sceso le scale. (transitivo)
Sono corso in cucina. (intransitivo)
Ho corso 5 kilometri. (transitivo)
Il mondo è cambiato molto negli ultimi anni. (intransitivo)
Andrea ha cambiato la sua routine mattutina. (transitivo)
La riunione è cominciata alle 9. (intransitivo)
Annalisa ha cominciato un nuovo lavoro la settimana scorsa. (transitivo)
Abbiamo cominciato a leggere (un libro) insieme. (transitivo)
In questi casi, i verbi crescere, scendere, correre, cambiare, e cominciare hanno un uso intransitivo (in cui non reggono un oggetto diretto) ed anche un uso transitivo (in cui è presente un oggetto diretto). L’uso intransitivo richiede ESSERE mentre quello transitivo richiede AVERE. Si noti nell’ultima frase che la struttura "cominciare a + infinito" è considerata transitiva perché spesso l’oggetto è inteso, anche se non sempre presente. Nell’esempio, si può togliere “un libro” e la frase avrà ancora senso e sarà grammaticalmente corretto.
Nei tempi composti, di solito i verbi modali prendono l’ausiliare del verbo che segue. Se il verbo che segue è “essere”, si usa “avere”.
Marco è andato a scuola. > Marco è dovuto andare a scuola.
Marco non ha dormito. > Marco non ha potuto dormire.
Marco è stato forte. > Marco ha voluto essere forte.
Nel linguaggio corrente, si può sostituire il verbo ausiliare “essere” con “avere” i questi contesti (ma non vice versa). Questa pratica è meno formale e, quindi, la si sente soprattutto nel registro parlato. Non è consigliata in contesti che richiedono un linguaggio più raffinato.
Marco ha dovuto andare a scuola.
Marco non ha voluto venire alla festa.
Nei casi in cui si usa un verbo riflessivo dopo un verbo modale, la scelta dell’ausiliare varia secondo la posizione del pronome: se il pronome va messo prima, si usa “essere” (e si fa la concordanza del participio passato); se viene posto attaccato alla fine dell’infinito, si usa “avere” (e non si fa la concordanza).
Ci siamo dovuti svegliare alle 8 stamattina. / Abbiamo dovuto svegliarci alle 8 stamattina.
Se, invece, si usa un pronome per l’oggetto diretto o indiretto, la particella “ne” o i pronomi combinati, la scelta dell’ausiliare non cambia secondo la posizione del pronome.
L’ho dovuta chiamare. / Ho dovuto chiamarla.
Gli ho dovuto telefonare. / Ho dovuto telefonargli.
Ne abbiamo voluto sapere di più. / Abbiamo voluto saperne di più.
Gliel’avete potuto dare. / Avete potuto darglielo.
Completate le frasi usando la forma corretta del passato prossimo.
ESEMPIO: Avevo soddisfatto la mia fame con una pizza, ma _________ (passare) due ore e adesso ho fame. > Avevo soddisfatto la mia fame con una pizza, ma *sono passate* (passare) due ore e adesso ho fame.
Il participio passato di un verbo che usa l’ausiliare “essere” concorda nel genere e nel numero con il soggetto; ciò significa che si cambia l’ultima lettera del participio passato per concordare con il soggetto.
ll ragazzo è andato a scuola.
La ragazza è andata a scuola.
I ragazzi sono andati a scuola.
Le ragazze sono andate a scuola.
Purtroppo, Marta è morta l’anno scorso.
I suoi genitori sono già partiti per Messico.
Nella maggior parte dei casi, il participio passato di un verbo che usa “avere” non si accorda con il soggetto. Tuttavia, nei casi in cui si usano i pronomi della terza persona per un oggetto diretto (lo/la, li/le) oppure il pronome “ne”, farà la concordanza. La stessa regola applica nei contesti in cui si usano i pronomi combinati. Per più dettagli su questo cambiamento, riferite al capitolo I pronomi diretti e indiretti e la particella "ne".
Ho ricevuto una lettera e l’ho aperta subito.
Mia madre ha preparato le lasagne e le abbiamo mangiate tutte!
- Avete visto i biglietti?
- No, non li abbiamo visti.
Abbiamo raccolto delle arance dall’orto per la nonna e poi gliele abbiamo portate.
La mia amica si era dimenticata la giacca, quindi, da buon amico, gliel’ho consegnata.
Abbiamo comprato la pizza ma non ne abbiamo mangiata ancora.
Marco ha preparato dei biscotti e ne ho messi alcuni da parte per la merendina domani.
Ci sono rimaste troppe mele e ne ho dovute buttar via parecchie.
- Quante delle tue amiche hai visto alla festa?
- Purtroppo, ne ho viste poche, a dire il vero.
Giovanni voleva delle pesche quindi al mercato gliene abbiamo procurate alcune.
Aspettavo brutta notizia ma invece me ne avete data una buona!
Nonostante il fatto che si faccia la concordanza anche con gli altri pronomi per l’oggetto diretto (i.e. mi, ti, ci, vi) nello scritto, questo fenomeno si sta perdendo nel registro parlato. Quindi, quando si parla, è possibile sentire sia “Maria, ti ho vista al mercato.” che “Maria, ti ho visto al mercato.” oppure “Finalmente vi abbiamo trovati a casa!” o “Finalmente vi abbiamo trovato a casa!”
NB: Non si fa mai la concordanza con il pronome per l'oggetto indiretto.
Un verbo riflessivo è un verbo che ha un pronome riflessivo, cioè un pronome che si riferisce al suo soggetto. Questi verbi si riconoscono facilmente dalla presenza del pronome “si” che si attacca alla fine dell'infinito: alzarsi, lavarsi, divertirsi, ecc.
Nel passato prossimo, i verbi riflessivi sono coniugati con “essere” come ausiliare. Si noti che, nella coniugazione dei tempi composti, il pronome riflessivo (mi, ti, si, ci, vi, si) precede l'ausiliare. Il participio passato dei verbi riflessivi concorda nel genere e nel numero con il soggetto, a volte rappresentato dal pronome riflessivo. (vedete I verbi riflessivi).
Mia madre non si è svegliata in orario per portarci a scuola stamattina.
Ragazze, vi siete divertite alla festa ieri sera?
I bambini erano così stanchi, si sono addormentati subito!
Pilato si è lavato le mani del giudizio di Gesù.
Marco si è vestito troppo in fretta; si è messo le calze di colori diversi!
In quest’ultima frase, sarebbe possibile usare una costruzione riflessiva insieme ad un pronome per l’oggetto diretto, anche se sembra ridondante: Marco si è vestito troppo in fretta; se le è messe le calze di colori diversi! (In questo caso, si cambia la “si” del solito in “se” perché precede il pronome dell’oggetto diretto “le”, che riferisce alle calze.)
Completate le frasi coniugando il verbo indicato al passato prossimo, facendo attenzione alla scelta dell’ausiliare e alla concordanza.
ESEMPIO: Ho già sentito questa storia…chi me l’_________ (raccontare)? > Ho già sentito questa storia…chi me l’*ha raccontata*?
“Ragazza giapponese”, Narratori delle pianure di Gianni Celati (Feltrinelli, 1989, p. 16-17). Questo testo è stato modificato dall’originale.
Racconterò la storia d’una ragazza giapponese che ho conosciuto a Los Angeles. Era piccola, minuta, e abitava a nord della città, già vicina al deserto. … Giunta negli Stati Uniti quando aveva 15 anni, s’era sposata quasi subito con un tale di New York e aveva imparato a fare la sarta. S’era presto separata da quel tale, e aveva cominciato a consultare ogni settimana un signist, o consigliere zodiacale, per sapere cosa doveva fare nella vita. Il consigliere zodiacale le aveva suggerito che, data la posizione di certi astri, l’est non era per lei confacente e sarebbe stato meglio per lei abitare all’ovest. Perciò la ragazza s’era trasferita da New York a Los Angeles; qui ha trovato un appartamento nel downtown ed è diventata stilista di moda. Continuava a consultare ogni settimana per telefono il suo consigliere zodiacale di New York, il quale un giorno le ha detto che per lei sarebbe stato più confacente vivere in una zona collinare. Così la ragazza s’era trasferita al limite nord della città, in una zona alta e non lontana dal deserto. … Appeso alla parete teneva un calendario, dove segnava le diverse sedute di registrazione [di qualche cantante celebre] per le quali s’era già procurata un pass. Aveva quasi tutte le sere del mese impegnate in anticipo, da un mese all’altro; nelle caselle del calendario scriveva i nomi dei cantanti. Dopo le sedute di registrazione andava a cena con manager di case discografiche, stilisti e pubblicitari che le avevano procurato dei pass. Una sera l’ho vista in un ristorante e l’ho sentita parlare di lavoro con il suo inglese da immigrata, che gli altri approvavano con cenni del capo come se fosse un compito ben fatto.
Racconterò la storia d’una ragazza giapponese che ho conosciuto a Los Angeles.
Era piccola, minuta, e abitava a nord della città, già vicina al deserto. …
Giunta negli Stati Uniti quando aveva 15 anni, s’era sposata quasi subito con un tale di New York e aveva imparato a fare la sarta. S’era presto separata da quel tale, e aveva cominciato a consultare ogni settimana un signist, o consigliere zodiacale, per sapere cosa doveva fare nella vita.
Il consigliere zodiacale le aveva suggerito che, data la posizione di certi astri, l’est non era per lei confacente e sarebbe stato meglio per lei abitare all’ovest. Perciò la ragazza s’era trasferita da New York a Los Angeles; qui ha trovato un appartamento nel downtown ed è diventata stilista di moda.
Continuava a consultare ogni settimana per telefono il suo consigliere zodiacale di New York, il quale un giorno le ha detto che per lei sarebbe stato più confacente vivere in una zona collinare. Così la ragazza s’era trasferita al limite nord della città, in una zona alta e non lontana dal deserto. …
Appeso alla parete teneva un calendario, dove segnava le diverse sedute di registrazione [di qualche cantante celebre] per le quali s’era già procurata un pass. Aveva quasi tutte le sere del mese impegnate in anticipo, da un mese all’altro; nelle caselle del calendario scriveva i nomi dei cantanti.
Dopo le sedute di registrazione andava a cena con manager di case discografiche, stilisti e pubblicitari che le avevano procurato dei pass. Una sera l’ho vista in un ristorante e l’ho sentita parlare di lavoro con il suo inglese da immigrata, che gli altri approvavano con cenni del capo come se fosse un compito ben fatto.
Considerate queste domande:
Le principali forme verbali utilizzate al passato sono il passato prossimo, l'imperfetto e il trapassato. Come il passato prossimo, il trapassato prossimo presenta una situazione completa, con un inizio e una fine precisa. Simile all’uso del futuro anteriore (vedete Il futuro semplice e il futuro anteriore), il trapassato prossimo serve per indicare un fatto del passato che precede un altro evento nel passato, il quale sarà al passato prossimo. (Esiste anche ciò che si chiama il trapassato remoto che ha la stessa funzione del trapassato prossimo, ma viene utilizzato solamente quando/se si narra al passato remoto. Questo capitolo contiene qualche esempio del trapassato remoto in modo che possiate vedere e familiarizzarvi con le sue forme per poterlo riconoscere nel futuro. Per gli scopi del nostro corso, si focalizzerà sul trapassato prossimo.)
Il trapassato prossimo si forma con l'ausiliare imperfetto seguito dal participio passato del verbo.
La scelta dell'ausiliare, essere o avere, è la stessa del passato prossimo. Per più dettagli sul passato prossimo, vedete la sezione "Gli ausiliari" sopra.
Il trapassato prossimo viene formato in maniera simile al passato prossimo ma invece di usare il presente del verbo ausiliare, si usa la forma imperfetta. Quindi, il trapassato prossimo = ausiliare imperfetto + participio passato del verbo come nella seguente tabella:
dire
entrare
abituarsi
avevo detto
ero entrato/a
mi ero abituato/a
avevi detto
eri entrato/a
ti eri abituato/a
aveva detto
era entrato/a
si era abituato/a
avevamo detto
eravamo entrati/e
ci eravamo abituati/e
avevate detto
eravate entrati/e
vi eravate abituati/e
avevano detto
erano entrati/e
si erano abituati/e
Nei casi in cui il verbo essere è l’ausiliare, il participio passato deve concordare per genere e numero con il soggetto o il complemento diretto. Le regole di accordo per il trapassato prossimo sono le stesse del passato prossimo (vedete la sezione "La concordanza" sopra).
Il trapassato remoto, come suggerito in precedenza, è un tempo più che altro letterario e perciò lo si usa soprattutto nello scritto e quasi sempre in combinazione con il passato remoto. Per ripetere, in questo corso, basta riconoscere la forma perché probabilmente non lo userete spesso, se mai.
Il trapassato remoto è formato aggiungendo la forma appropriata del verbo ausiliare al passato remoto al participio passato, come nella seguente tabella:
ebbi detto
fui entrato/a
mi fui abituato/a
avesti detto
fosti entrato/a
ti fosti abituato/a
ebbe detto
fu entrato/a
si fu abituato/a
avemmo detto
fummo entrati/e
ci fummo abituati/e
aveste detto
foste entrati/e
vi foste abituati/e
ebbero detto
furono entrati/e
si furono abituati/e
Come accennato nell’introduzione, si usa il trapassato prossimo quando si vuole far riferimento ad un evento svolto nel passato che anticipa un altro evento completato nel passato. Nonostante il fatto che il passato prossimo e il trapassato vengano spesso usati in coordinazione, è importante notare a questo punto che non è sempre necessario che il passato prossimo sia presente nella frase quando si utilizza il trapassato.
Avevo deciso di frequentare BYU, poi avevo cambiato idea perché volevo frequentare l’Università dello Utah, ma infine ho scelto di venire a BYU.
Quando il suo fratello minore è tornato dalla missione, Leo si era già sposato.
Prima di comprare la macchina, i genitori avevano fatto molta ricerca per assicurarsi che avrebbero acquistato la macchina migliore sul mercato.
In quest’ultimo esempio, manca la presenza del passato prossimo, però è ovvio che la ricerca era fatta prima del momento in cui hanno comprato la macchina. È facile vedere, in altre parole, che un evento nella frase (la ricerca) anticipa un altro (l’acquisto) e che tutti e due gli eventi sono successi nel passato.
Come si vede da molti degli esempi già dati, certe espressioni che indicano un rapporto temporale spesso accompagnano l’uso del trapassato: quando, dopo che, (non) appena, prima che, ancora, già.
Mi ha detto che era felice per me e molto orgoglioso di ciò che avevo già raggiunto.
Il personale della cucina era appena stato evacuato quando sono arrivati i servizi di emergenza.
Non aveva ancora detto una parola quando la rampa del faro gli è caduta addosso schiacciando il suo povero corpo sotto un peso terribile.
Non appena avevamo sentito le notizie, ve le abbiamo fatte sapere.
Dopo che Marco aveva mandato il messaggio, si è reso conto di averlo mandato alla persona sbagliata.
Il trapassato remoto segue le stesse regole di sopra, però ha un uso molto più limitato del trapassato prossimo, soprattutto perché per la maggior parte si usa più spesso il passato prossimo per raccontare eventi nel passato.
Completate le frasi inserendo la forma corretta del verbo indicato, scegliendo tra passato prossimo e il trapassato prossimo.
ESEMPIO: Quando ________ (arrivare) il conto, Manuele ________ (rendersi conto) che ________ (lasciare) il portafoglio a casa. > Quando *è arrivato* il conto, Manuele *si è reso conto* che *aveva lasciato* il portafoglio a casa.
Scrivete 10 frasi che elaborano cose che erano già successe o che avevate già fatto prima di arrivare alla BYU (o all'università dove studiate).
ESEMPIO: - Quando sono arrivato/a alla BYU avevo già scalato la Y. - Quando sono venuto/a alla BYU ero già andato/a al MoA.
Completate il testo inserendo la forma appropriata del verbo indicato tra parentesi, scegliendo tra passato prossimo e trapassato prossimo.La scorsa settimana io finalmente (vedere) un film che (desiderare) di vedere da tanto tempo. Si chiamava Il destino incrociato. La trama racconta di una giovane scienziata, interpretata da Emma Thompson, che (scoprire) un'incredibile formula scientifica per viaggiare nel tempo. Mentre cercava di proteggere la sua invenzione, (incontrare) un viaggiatore del tempo misterioso, interpretato da Robert Downey Jr., che già (utilizzare) la macchina del tempo per alterare gli eventi storici.
Durante il film, i due personaggi (scontrarsi) in vari momenti chiave della storia, come quando (imbattersi) nell'Antico Egitto o durante la Seconda Guerra Mondiale. In più, (affrontarsi) in un duello emozionante sul tetto di un grattacielo nella New York degli anni '80. La regia di Steven Spielberg (rendere) ogni scena mozzafiato, e le performance degli attori (contribuire) a sviluppare personaggi ancora più realistici.
Alla fine del film, il destino (giocare) un ruolo cruciale. La scienziata (scoprire) che il viaggiatore del tempo era in realtà suo nipote proveniente dal futuro, che (cercare) di correggere gli errori della sua linea temporale. già (affrontare) molte sfide e (modificare) il corso di innumerevoli eventi per proteggere la famiglia e l'umanità.
(Questo testo è stato generato da ChatGPT e modificato da Prof. Paul. Il film discusso non esiste nella realtà ed è stato completamente fabbricato dall’IA.)